I corpi sventrati delle guardie erano nella sala dei Teschi, Emily ed Edward erano già sul posto per il sopralluogo ed i primi rilievi. L’intero British Museum era avvolto in un innaturale silenzio, il fatto che i turisti non fossero presenti, le porte del grande ingresso chiuse ed i lavori di costruzione dell’ala Elgin fermi, concorrevano a creare un’atmosfera sinistra.
Il poliziotto si muoveva agitato lungo la sala, badando bene a non pestare o inquinare la scena che il detective stava accuratamente scandagliando. “Scottland Yard ha chiamato la migliore” pensò la guardia mentre osservava la collega temporanea muoversi in ogni dove, raccogliere ogni possibile prova, fotografare con gli occhi ogni singolo spazio della sala, fu solo il rumore di passi che lo destò. Un rumore di passi che non avrebbe dovuto esserci dato che il museo era chiuso. Un uomo molto ben vestito faceva da apripista ad altri tre, il poliziotto non ebbe nulla da dire nel riconoscere il dottor Lex Huttemberg che, per ragioni prettamente politiche, aveva accesso alle scene del crimine laddove ci fossero morti inspiegabili e molto cruente. Edward Dewitt si diresse verso gli altri tre, una donna seguita da altri due uomini.
Mentre le distanze si accorciavano, i diretti interessati si studiavano. La professoressa fu la prima ad essere intercettata mentre il bel ragazzo tenebroso e scapestrato gli era subito dietro. Sophie spiegò alla guardia che lei aveva un appuntamento con il direttore del British Museum per una consulenza su alcuni reperti e che il ragazzo alle sue spalle, era solo un portaborse. L’altro uomo invece, non aveva idea di chi fosse. Il giovane ben vestito, con valigetta e macchina fotografica si presentò come Frederick Hansmann, fotografo freelance per le testate giornalistiche londinesi.
Qualche alterco ma poi Jack, Jack Hunt, il “portaborse” della professoressa Sophie entrò nella sala dei Teschi. Lo spettacolo era dei più osceni che avesse mai visto ma il poco alcol che aveva nelle vene ed il fatto che il sangue non gli causava problemi gli permisero di resistere ai possibili conati di vomito. Anche la Professoressa non ebbe sussulti ed il Giornalista aveva forse visto cose ben peggiori.
Emily Dewot era intenta a creare dei legami mentali con tutte le prove trovate. Vermi di sarcophaga carnaria erano sparsi un pò ovunque ma non sui corpi, la maschera Atzeca di Quetzalcoatl mancante, i corpi allineati ai teschi e questi ultimi spariti dalla teca che li proteggeva mentre Frederick, con il suo taccuino e la sua matita, faceva degli schizzi di ciò che c’era nella stanza a supporto della Detective.
Lex nel frattempo esaminò i corpi, nessun colpo inferto, nessuna ferita esterna, nessuna droga o alcool (almeno come esame preliminare). Edward e Jack, contemporaneamente agli altri, si aggiravano per la sala, in due punti opposti, era meglio evitare che si incrociassero i loro sguardi, il secondo poteva essere riconosciuto dal primo ed iniziare così una sequenza di domande a cui era poi necessario porre fine, con le buone o le cattive.
Frederick fece un sussulto, imprecò sommessamente quando, sul suo taccuino vide qualcosa che non c’era nella scena che aveva di fronte, aveva disegnato strane ombre sullo sfondo. Emily, Sphie, Jack e Lex si avvicinarono e fu in quel momento che il poliziotto già lontano ed impossibilitato a sentire il sussulto eccitato del fotografo si addentrò nelle sale ancora in divenire.
Il poliziotto stava in silenzio, l’unico rumore che si poteva percepire erano i suoi tacchi sul pavimento non ancora fatto e l’unica cosa che riusciva a scorgere era un leggero fumo da una stanza lontana. Incuriosito vi si diresse, l’aria divenne pesante, la nebbia assunse l’odore di oppio e ciò iniziò ad ottundere i sensi del poliziotto. Nella nebbia che si era alzata ancora di più e nella poca luce filtrante dalle finestre con le tende tirate, il poliziotto scorse qualcosa. Un’ombra si mosse rapida, oscillava elegante, sinuosa. Forse erano i fumi, forse era quello che aveva inalato prima di arrivare al British eppure era certo che quell’enorme ombra era pronta a scattare verso di lui e farne un solo boccone. Un fremito dell’ombra ed ecco che i riflessi, parecchio rallentati dell’uomo, si attivarono. La pistola, quella che gli avevano dato d’ordinanza per il periodo estremamente violento in cui versavano, saetto verso l’ombra ed i primi colpi esplosero. Contemporaneamente si gettò di lato, dietro un sarcofago di pietra di qualche mummia o simile cercando di capire che cosa stava succedendo.
I colpi di pistola attirarono l’attenzione degli altri nella sala dei teschi, Jack si mise in allarme e cercò supporto dallo stesso poliziotto ma non vedendolo comprese subito che poteva trattarsi di lui. Si avvicinò al Chirurgo, lo intimò di prendere una pistola dai corpi e di seguirlo, lui sarebbe stato davanti. Disse alle due donne di restare al sicuro lì, nella sala dei teschi e mentre stava cercando di dirlo al Giornalista, questi aveva già imbracciato la sua Voigtländer Bessa. Scosse la testa, tirò su i pugni a mo di guardia ed uscì dalla sala dei teschi. La stanza degli spari non era molto distante, come una farfalla si mosse di riparo in riparo fino a raggiungere la nebbia. Lex restava alcuni passi indietro con l’arma in mano e Frederick pronto a fotografare qualsiasi cosa potesse muoversi.
Dietro il sarcofago, il poliziotto era certo che ci fosse qualcosa alle sue spalle, ricaricò la Webley dei tre proiettili che aveva sparato  e si guardò intorno. Alcune teche di vetro erano distanziate equamente alla sua destra e l’uscita lontana poteva essere ben coperta anche da altri sarcofagi, mentre alla sua sinistra l’uscita era più vicina ma meno protetta. Forse il vecchio trucco della pietra scagliata dalla parte opposta a dove si voleva scappare avrebbe funzionato, forse. Così, prese qualcosa da terra e la lanciò con attenzione, cercando di colpire una teca e far scattare il possibile allarme o almeno attirare l’attenzione dell’ombra. La teca andò in frantumi non appena l’oggetto la colpì e l’attimo prima Edward era già saettato via dalla sua posizione. Fu così rapido che Jack non lo vide passare ma l’ombra, gettatasi contro Edward colpì il Pugile-Scrittore. La resistenza del ragazzo era praticamente leggenda in tutti i bassifondi e non era certo un enorme testa di serpente, grande quanto tutto il suo busto ad impensierirlo. Accusato il colpo, avvolse il braccio intorno alla testa della cosa e cominciò a colpire forte, l’alcool che aveva ingerito pochi minuti prima dalla fiaschetta lo rendeva insensibile al dolore. Edward scaricò i primi quattro colpi della pistola prima di corrergli incontro e salirgli sulle spalle. Frederick si era avvicinato, impaurito e quasi cieco per la nebbia sollevatasi ancora di più, prese la Voigtländer e scattò. I lampi del piccolo flash si rifransero nella nebbia mentre Lex cercava di mettere in moto gli areatori ancora in divenire. Quando le ragazzi si avvicinarono alla stanza, Emily comprese. Tutti i pezzi del puzzle gli si palesarono davanti e si collocarono al loro posto, soprattutto riconoscendo nella maschera, l’Uccello Piumato Azteco Quetzacoatl. La detective ebbe il tempo di gridare di allontanarsi non appena vide i primi lampi. Frederick e Lex la presero subito in parola cercando riparo per se stessi e per i loro averi, mentre il polizziotto ed il pugile-scrittore continuavano a menar le mani e a sparare gli ultimi proiettili.
I fulmini si rifransero ovunque. Tutti furono abbagliati ma solo gli uomini subirono le conseguenze di quelle scariche. Quando il fumo e la nebbia si diradarono, per via degli aspiratori messi in moto dal dottore, le due donne poterono correre verso i feriti. Dell’enorme ombra, non v’era più traccia se non la maschera rotta a suon di pugni, il pugile ed il poliziotto avevano fratture ed ustioni mentre il dottore ed il giornalista solo qualche bruciatura superficiale.
I quattro vennero portati in ospedale, furono curati e tre di essi dimessi, uno per suo stesso volere. Solo il polizziotto optò per restare ancora in ospedale. Jack e Lex andarono nella piccola villetta di quest’ultimo a trovare il giusto conforto e riposo, Frederick doveva recuperare invece ciò che aveva immortalato con la macchina fotografica.
Nella camera oscura, dopo diverso tempo ad  armeggiare con i vari prodotti chimici, tutto ciò che fu in grado di tirar fuori dalle foto, era un pezzo di carta, quasi totalmente bianco con Jack Hunt da una parte, una gamba di Edwar Dewitt ed una porzione della Maschera di Quetzacoatl.