Jack era proprio davanti alla sua nemesi, quel mostro che aveva ferito gravemente Ronin, quel mostro che aveva dato il via alla conquista della libreria, quel mostro che gli aveva strappato via i ricordi della sua esistenza Agares, il nome in codice assegnatogli, si stagliava difronte al proxy con il suo aspetto pallido e vecchio. Il demone osservava il clone in silenzio, sorrideva mostrando i denti di coccodrillo ad ogni parola proferita. Non lo interruppe, attese pazientemente che l’uomo sintetico finisse prima di esprimere i termini di un contratto di cui non si comprendeva il reale peso.

Alex stava studiando il Drone Servente richiamato per accedere alla stazione sotterranea. Quella stazione divenuta il loro punto di accesso per la città conquistata dagli Hekath, quella città che conteneva qualcosa di troppo prezioso per essere lasciato a quelle mostruosità, quella città che per qualche ragione non doveva cadere nelle mani di Agares, quella città che per ragioni ignote sembrava tenerli legati a se.

Metropolitana

Metropolitana

La Galleria era troppo piccola per il Labordroide Scavatore ed Alex fu costretto ad abbandonarlo, a metterlo di guarda all’ingresso per evitare che qualcuno di indesiderato li attaccasse alle spalle. Black era già all’opera, l’interfaccia verso i sistemi di trasferimento fu l’aiuto di cui aveva bisogno, raggiungere il nucleo da qui era stato impossibile e dovevano necessariamente avvicinarsi.

Il treno sfrecciava con il suo sistema di galleggiamento magnetico, le luci si alternavano ciclicamente dando la sensazione di movimento che altrimenti era totalmente assente. In pochi minuti raggiunsero un punto all’interno della rete metropolitana che gli avrebbe permesso di raggiungere l’obbiettivo attraverso i sistemi di ventilazione.

I cunicoli di areazione non erano molto distanti, Daisy ed Alex furono i primi ad accedervi avendo loro la mappa che li avrebbe condotti nel centro di controllo del Bibliotecario. Emma era subito dietro alla donna e per ultimo Black. La labirintica struttura di cunicoli ventilati non fu un grosso problema ma il tempo per raggiungere la porta d’ingresso principale si. Fu il tempo necessario a Jack per stringere un patto senza ritorno con Agares, un patto che lo avrebbe condotto sulla via della solitudine e della disperazione, che lo avrebbe condotto al tradimento e, forse alla sua morte.

Gli Arcangeli, Ronin e i tre LostH seguivano in silenzio. Tutti erano pronti a tutto eppure nessuno sembrava realmente lì, era tutto irreale, fuori da ogni controllo, il proxy mortalmente ferito era tenuto in vita dalle cure della tuta di Alex, i LostH non parlavano nemmeno tra di loro certi che anche solo la presenza metteva in pericolo tutti.

Nirvana inviava costantemente la posizione dei proxy a Jack e grazie al patto con Agares nessun alpha osava toccarlo. I suoi compagni stavano per cadere vittima della sua stessa voglia di riavere indietro il suo passato, immagini di un passato che forse non è mai esistito, una realtà creata da qualcun’altro che in quel momento era l’unica cosa che lo faceva andare avanti. Agares gli aveva promesso ricordi, attimi di vita vissuta a patto che tutto finisse in quel momento, in quella città. Ogni certezza, ogni fondamento, ogni pilastro della sua esistenza sia come clone che come pseudo-essere umano stavano venendo meno. Jack aveva raggiunto uno degli ingressi verso il nucleo, una zona accessibile solo attraverso una saracinesca pressurizzata che il bibliotecario teneva saldamente sigillata, all’avvicinarsi del proxy però, quella stessa porta si aprì ed il suono dei colpi rimbombò all’interno del piccolo ingresso dove gli altri erano appena entrati.

Black iniziò ad armeggiare con la porta, i connettori corticali erano già sul pannello di sicurezza che avrebbe sbloccato l’ingresso al nucleo ma qualcosa non stava funzionando correttamente. Ogni suo tentativo era seguito dal messaggio di accesso negato. L’Hydrah stava perdendo la pazienza, nessun sistema poteva davvero metterlo in difficoltà, così cambiò approccio. Dall’esterno nel frattempo i colpi delle armi di Jack creavano boati seguiti dalle sue stesse grida di incitazione. Gli hyonos si misero in allerta disponendosi davanti l’unico ingresso percorribile dai nemici con i wizard caricati e pronti ad essere usati. Black stava cercando l’ingresso secondario, quello di emergenza, quello che normalmente non veniva utilizzato e dopo pochi instanti di ricerca trovò l’intercapedine nascosta da un pannello, seguì i cavi fino all’ingresso secondario ed agganciò i connettori al pannello, meno protetto ma altrettanto sicuro.

Jack continuava a gridare di sbrigarsi, non avrebbe tenuto a bada gli Hekath a lungo, alpha che erano in realtà fermi oltre la soglia d’ingresso al nucleo in placida attesa dei comandi di Agares e del proxy traditore. Daisy sentì la pressione che aumentò alle grida del compagno e nel vedere l’Hydrah allontanarsi. La donna prese un profondo respiro, il tempo era un nemico che difficilmente si riesce a sconfiggere, creò quindi il suo silenzio. Cominciò dai colpi delle Vessel di Jack, poi dalle sue grida, poi dai passi dell’Hydrah che si allontanava, poi dal resto. Si immerse in una stanza completamente vuota, silenziosa ai limiti dell’impossibile, era tutto profondamente bianco e le uniche cose presenti in quel bianco spazio erano lei ed il pannello di accesso. Vi appoggiò sopra la mano guantata, il suo cuore iniziò la danza pulsante che tiene in vita gli esseri viventi, 5…6…7, tutto mutò tutto cambiò, il bianco divenne nero ed in esso una pioggia di caratteri fluorescenti caddero dall’alto. Tutto prese la sua posizione, tutti i caratteri si misero nel posto che gli spettava di diritto. Ogni proxy alleato, ogni Obscura amico, ogni forma ora aveva la sua controparte digitale, compresa la porta. Daisy era diventata la matrice, i controlli erano proprio di fronte a lei spogli dei loro sistemi di sicurezza. Con un sorriso che altri non potevano vedere e la volontà di volerli evitare, li scardinò dando accesso ai suoi compagni.

Bibliotecario di Tesla

Bibliotecario di Tesla

Quando la forma digitale di Daisy tornò ad essere in carne ed ossa, uno spettacolo incredibile si manifestò davanti ai suoi occhi. L’enorme sfera d’acciaio sovrastava infinite fila di rack neri come l’oblio, migliaia di piccole luci intermittenti si accendevano in ordine sparso al pari dei fulmini che raggiungevano la sfera di oltre venti metri di diametro sospesa sul soffitto a volta della stanza. Tutto sembrava essere un enorme sistema di bobine di tesla per offrire corrente alle migliaia di server dati della struttura.

Daisy scrollò la testa e si dedicò a sbloccare le porte, si aprirono tutte. Anche quella secondaria che stava tenendo fuori anche Black con suo enorme disappunto. Nessuna macchina gli aveva mai tenuto testa eppure quella si. Quasi che fosse un segno di un destino ineluttabile, quasi fosse il necessario fallimento per aumentare il grado di attenzione, tutto era proiettato a tenerlo vigile affinché le sue azioni creassero un futuro diverso da quello già scritto.

Gli Arcangeli furono gli ultimi ad entrare. Ewan ed Angela si avvicinarono ad Emma che stava cercando di entrare nei sistemi della biblioteca per recuperare le ultime informazioni mancanti alla cura, Daisy e la Donna si appropriarono di un secondo terminale per velocizzare il download sulla loro esistenza e sul “Progetto Nirvana” che le riguardava, contemporaneamente Black stava accedendo ai sistemi di sicurezza direttamente dal mainframe per riabilitare la cupola e rimettere il codice esattamente come era prima del suo intervento.

Jack era proprio sulla porta, osservava i suoi compagni affannarsi nella ricerca di una soluzione contro l’orda hekath fuori dal nucleo, ignari che il pericolo era invece all’interno. Il patto sancito con Agares gli dava anche il controllo sugli Hyonos, o almeno sull’involucro che oramai non era più collegato al governor in Eden. Si voltò, la Vessel scomparve in sprite grossolani e mentre all’interno tutti lavoravano assiduamente, le porte si chiusero. Gli arcangeli, prima rivolti verso il proxy, si volsero verso gli altri mentre Jeudiel dispiegò le ali invocando il wizard “Lama del Giudizio” spiccando il volo verso la sfera.

Tutto mutò in pochi semplici attimi. Raphael pregò La Voce affinché il wizard “Araldi della Distruzione” si materializzasse nelle sue mani e lo aiutasse a sradicare l’impurità di Emma e dei suoi due Compagni; Barachiel confidò nel suo “Sacro Giustiziere” e si avventò contro Daisy e Sophie per epurare “Ciò che non sarebbe mai dovuto esistere“; Jeudiel e la sua Lama del Giudizio stavano già sferrando il colpo che avrebbe raso al suolo tutto il Nucleo mentre Sealtier si stava avventando con “La Mano di Dio” su Alex per ricacciarlo in quegli inferi da cui è stato generato.

Jeudiel fu il più veloce e quello più determinato, la sua lama creò una linea di vuoto che tranciò in due semisfere da 10 metri di raggio il Nucleo. Le due parti caddero rovinosamente sui sistemi di controllo della biblioteca distruggendoli irrimediabilmente. I fulmini, senza nemmeno più un catalizzatore primario, cominciarono a scaricarsi casualmente su tutta la struttura. I server venivano incendiati ad ogni colpo, ogni lampo incendiava e distruggeva, tutto il nucleo era diventata una bomba ad orologeria pronta ad esplodere mentre Jack oramai era lontano.

Sealtier era vicino ad Alex, pochi metri separavano i neri artigli dal corpo del clone, pochi metri che furono appena sufficienti per invocare l’IcyroarZX9. Un’arma che non lo era effettivamente ma che aiutava nella refrigerazione di sistemi complessi in zone ad alta temperatura. Il proxy non fu abbastanza veloce, il sistema di refrigerazione aveva un tempo di carica più lungo di quanto ricordasse e gli artigli erano già nelle sue carni, la “Mano di Dio” penetrò la tuta rigenerativa del clone, penetrò le sue carni creando un collasso sinaptico. Il proxy però non sarebbe morto senza aver lottato, sapeva che lo hyonos avrebbe fatto di tutto pur di ucciderlo, sapeva che avrebbe rischiato tutto e così in un ultimo insano movimento frappose l’arma tra loro. Gli artigli raggiunsero il proxy ma tranciarono i tubi del liquido refrigerante che esplose sia contro il clone che contro il burattino di Agares congelando entrambi all’istante. Un congelamento fortuito per il proxy che mise in standby la sua stessa vita.

Le due lame “Araldi della Distruzione” di Raphael stavano per raggiungere e tranciare Emma, il vero obbiettivo dell’Arcangelo. Ewan non poteva permettere che il suo amore, la donna che lo aveva portato a combattere per la sua stessa vita, la donna che a lungo lo aveva cercato, fosse uccisa mentre stava ricercando una cura per se stessa e per altri. Scattò, veloce più che poteva, alzò il braccio meccanico per fermare le due lame dello hyonos, armi che mai un LostH avrebbe potuto rallentare, ancora meno arrestare. L’essenza Hekath della donna gli lanciò un segnale inequivocabile, il segnale della sopravvivenza istintiva, quello che ogni madre ha quando i suoi cuccioli sono messi in pericolo. Il suo mantello reagì agli eventi prima che la mente dell’Obscura potesse elaborare le informazioni. Decine di lame si crearono da ogni direzione che inchiodarono a mezz’aria l’avversario con un tale odio e con una tale forza che quasi ogni molecola dell’arcangelo venne separata e dissolta. Gli occhi neri della donna, avevano incrociato gli occhi morti dell’Arcangelo, gli occhi vuoti di una creatura morta molto tempo prima e che era solo una marionetta nelle mani di un Gamma che faceva ribollire il suo sangue.

Black stava cercando di terminare il ripristino dei sistemi ma le semisfere tranciarono i collegamenti con l’esterno. Le fiamme erano ovunque, il calore era insopportabile, i suoi servo-pistoni soffrivano, non voleva fermarsi, ma gli eventi lo obbligarono. Jeudiel stava già cadendo dall’alto sull’Hydrah, il più pericoloso tra tutti in un luogo come quello. Doveva essere fermato. Le ali nere dell’Arcangelo si mischiavano con la profonda oscurità spezzata dai lampi blu-bianchi. La lama dai riflessi ametista si abbattè sul corpo meccanico di Black, le placche protettive non riuscirono a fermare il colpo ma lo stesso hydrah non volle rallentarlo. I suoi occhi fiammeggiavano del colore della follia e quando la lama non riuscì a proseguire la sua corsa per tranciarlo completamente, il cyborg afferrò il braccio dell’arcangelo, lo strinse al punto che sentì la materia di cui era fatto disgregarsi, spezzarsi, quello sarebbe stato l’ultimo suo atto come anche quello dello hyonos. Lo tenne a se, il sorriso omicida stampato in volto ed i connettori che saettavano ancora sul mainframe. Il suo tempo era terminato ma non lo sarebbe stato per gli altri sicuramente.

Daisy e Sophie avevano recuperato quello che cercavano, l’UHDD era proprio nelle mani del clone quando l’ultimo degli arcangeli si avventò su di loro. L’intero Nucleo stava per esplodere, Black era praticamente spacciato, Alex era fuori combattimento ed Emma aveva con se il marito ed Angela, la donna dal genoma quasi puro. Non ne sarebbero usciti, non combattendo contro dei mostri come quegli arcangeli, non con un’intera città invasa dagli Hekath, non con un traditore che li aveva lasciati morire. Non c’era davvero più tempo e le imprecazioni, per quanto stavano dando un certo sollievo a Daisy non l’aiutavano realmente. Respirò, tutto doveva cambiare in quel momento, prima che la marionetta di Agares facesse loro del male. 4…5…6 ed il battito si propagò in ogni dove. La vibrazione fermò il tempo, la vibrazione accelerò i pensieri. Barachiel era sospeso nel tempo, con il giustiziere che già affondava la lama oltre la tuta protettiva di Daisy senza per questo impedirgli di muoversi e recuperare Emma, Ewan, Angela ed Alex. La velocità con cui si muoveva le aveva permesso di prendere anche sua sorella, quella sorella che per ragioni ignote sapeva essere tale ma che non riusciva a capacitarsene concretamente. Quando tutti furono fuori dal nucleo questo esplose, Black era già morto quando Daisy era accorsa a salvarlo ma il suo spirito aveva fatto qualcosa di inimmaginabile.

L’orda Hekath, si stava già avventando sui LostH, la loro fonte di nutrimento, mentre Daisy, Alex ed Emma si stavano preparando a dare battaglia a costo della stessa vita quando a pochi centimetri da loro tutto perse di slancio. Non ci fu l’assalto, l’orda famelica fermò il suo assalto, creò anzi un passaggio sicuro verso i confini della città. Emma comprese, gli occhi di uno degli Alpha che stava incrociando, o almeno quelli che potevano essere degli occhi, gli fecero vedere l’anima di Black che nel suo ultimo e disperato gesto ha dato la vita per i suoi compagni trasferendo la sua stessa coscienza nell’etere digitale in assimilazione da parte del morbo. Una coscienza, per quanto effimera e di brevissima durata, che arrestò la fame dei mostri che circondavano i compagni dell’Hydrah, compagni che forse gli avrebbero reso giustizia contro il traditore.

sandstorm

Il vento sferzava forte, Jack era già lontano quando Nirvana gli mandò l’ultima informazione prima del logoff finale, i suoi compagni erano sopravvissuti. Il vento stava cancellando le tracce del Proxy, tracce che Nirvana già non vedeva più, tracce che lo stesso Agares ora stava cercando per accertarsi che il patto fosse portato a compimento, tracce che i Sopravvissuti di Atlantis avrebbero incrociato anche inconsapevolmente un giorno o l’altro.

Con Alex fuori gioco, Black morto e Jack oramai lontano l’opzione deserto fu l’unica scelta saggia che poterono prendere i sopravvissuti. La tempesta stava per terminare ma tutta la sua forza aveva spezzato dei legami che altre avversità non erano nemmeno riuscite ad intaccare.